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Storia del Diamante

Derivante dal greco “adaµas” (adamas) che significa indomabile, il diamante era conosciuto in Oriente fin dal 3000 a.C. e fece la sua comparsa in Occidente nel periodo successivo alle spedizioni di Alessandro Magno.

Alcuni popoli gli attribuivano la facoltà di accrescere e rendere duraturo l’amore, altri ritenevano che avesse proprietà benefiche e ne consigliavano l’uso come talismano contro veleni, cattivi sortilegi etc.

Dal punto di vista chimico, il diamante ha una composizione simile a quella della grafite: entrambi sono, infatti, composti da Carbonio (C) allo stato elementare, Tuttavia le principali caratteristiche tra i due minerali sono molto differenti.

La grafite è fra i minerali più teneri in natura, è sempre opaco e nero, mentre il diamante ha il valore massimo di durezza e può presentarsi trasparente e incolore; la grafite, inoltre, brucia più facilmente del diamante ed è parzialmente attaccabile da alcuni acidi.

Questa differenza è causata dalla diversa disposizione degli atomi di carbonio all’interno dei loro reticoli cristallini.

In natura, le temperature e le pressioni favorevoli alla formazione dei diamanti si riscontrano a una profondità pari o superiore a 150 km, in corrispondenza di “cratoni” di circa 2,5 miliardi di anni.

I diamanti si formano nella parte inferiore di questi cratoni a temperature comprese tra 900 e 1200 °C, con pressioni di circa 50 kbar, e sono poi trasportati in superficie da magmi generati da eruzioni vulcaniche profonde.

I diamanti si possono trovare nei cosiddetti giacimenti primari e secondari.

L’estrazione dai giacimenti primari avviene in miniera mediante escavazione all’interno del condotto vulcanico ed è molto complessa.

I giacimenti secondari sono presenti nelle zone “limitrofe” ai primari e sono costituiti da depositi alluvionali dove, nel corso dei millenni, il diamante si deposita sul fondo dei torrenti e fiumi.

In questo caso la ricerca è effettuata a vista o attraverso metodi come la “tavola col grasso”.

Fu scoperto, infatti, che tra il diamante e il grasso esisteva un’attrazione chimica.

Su questa tavola inclinata era spalmato del grasso, venivano rovesciati i minerali diamantiferi, e investiti da una moderata corrente d’acqua; questo lavaggio continuo rimuoveva sabbia, sassi e minerali vari, ma lasciava i diamanti aderenti alle superfici ingrassate.

La quantità di diamanti estratta è sempre esigua e richiede ingenti investimenti: calcolando che per estrarre un carato di diamante è scavata circa 1 tonnellata di roccia e sabbia. Il costo è pertanto giustificato dagli enormi sforzi compiuti in questa fase.